IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza.
   Premesso  che  in  data  7  novembre  1996  il   pretore   emetteva
 provvedimento  con  il  quale  dettava,  ex  art.  669-duodecies,  le
 modalita' di concreta esecuzione del procedimento possessorio  emesso
 in  data  10 luglio 1996 nel procedimento iniziato da Scipioni Pietro
 nei confronti della ditta "Immobiliare Giuli" di Cofani Eugenio;
     che con ricorso ex art. 669-novies depositato in data  12  giugno
 1997  il  Cofani  Eugenio  lamentava che non era stato instaurato nei
 termini di legge il procedimento di merito;
     che all'udienza del 9  luglio  1997  lo  Scipioni  ed  il  Cofani
 precisavano le loro rispettive posizioni circa l'asserita inefficacia
 del provvedimento possessorio;
     che in particolare lo Scipioni ricordava l'orientamento di questo
 pretore  secondo  il  quale  il  procedimento  possessorio  ha natura
 monofasica, ne' v'e' bisogno di un giudizio di merito.
   Tanto premesso questo pretore e' chiamato a decidere  la  questione
 dovendo   in   via  preliminare  stabilire  quale  sia  il  paradigma
 procedimentale da adottare in seguito  al  ricorso  avanzato  per  la
 tutela   del   possesso,   e   se  in  particolare  il  provvedimento
 interdittale cui non sia seguito, nei termini, il giudizio di merito,
 conservi la sua efficacia.  Se dovessimo applicare l'art.  669-octies
 c.p.c. nella sua interezza, la risposta sarebbe sicuramente negativa,
 proprio  perche', come appena esposto, il giudizio "di merito" non e'
 stato introdotto.  La Corte costituzionale ha avuto modo di occuparsi
 ripetutamente dei rapporti  tra  il  procedimento  possessorio  e  la
 disciplina del c.d. procedimento cautelare uniforme.  In particolare,
 ha  affermato  che la "selettivita'" del rinvio operato dall'art. 703
 agli artt.  669-bis  e  segg.  c.p.c.  dev'essere  intesa  nel  senso
 dell'esclusione  di  quelle sole norme incompatibili con il carattrre
 del procedimento e con la struttura bifasica in cui esso si  articola
 (ordinanze  nn.  359/1996  e  125/1997).   Ha anche sottolineato come
 l'asserire il venir meno - a seguito della novella -   della fase  di
 merito  del  procedimento possessorio nel solo caso del provvedimento
 di rigetto appare  estraneo  alla  ratio  della  riforma,  oltre  che
 contrario  agli  indizi  normativi,  per cui il giudizio a cognizione
 piena non puo' essere escluso, meno che mai  secundum  eventum  litis
 (ordinanza  n.  203/1996).    Va  d'altro canto osservato che la c.d.
 concezione monofasica, che nega la possibilita' della fase di merito,
 a  cognizione  piena  -  concezione  del tutto condivisibile sotto il
 profilo dell'opportunita', per le ragioni che si vengono ad esporre -
 cui ha fatto riscontro sopratutto nel primo  periodo  di  entrata  in
 vigore  della  novella,  un  assai consistente, se non maggioritario,
 indirizzo dei giudici di merito, non potra' non fare i  conti  da  un
 lato  con  il  richiamato  orientamento  interpretativo della Corte e
 dall'altro con alcune intrinseche debolezze della costruzione.
   Parlando di "debolezze", si intende fare riferimento:
     in primo luogo, alla scarsezza dei dati normativi su cui  fondare
 tale  concezione,  abbondantemente  sottolineata  dai  detrattori  di
 questa costruzione teorica. Non si vede,  infatti,  come  la  novella
 possa  aver comportato la monofasicita', se non tramite l'abrogazione
 del richiamo all'art. 689 c.p.c. nel testo dell'art. 703  c.p.c.  con
 una  modalita'  di  formulazione  che  risulterebbe  quantomeno molto
 indiretta ed ambigua;
     in secondo luogo all'insussistenza di un preciso collegamento tra
 la negazione teorica del "merito possessorio", solitamente  avversato
 dai   sostenitori   della   monofasicita',   e  la  necessarieta'  di
 configurare come monofasico e non bifasico il procedimento.
   Tale ultimo punto merita ulteriore approfondimento.
   Nel procedimento possessorio antecedente alla novella, la negazione
 del  c.d.  merito  possessorio  era   pressoche'   sconosciuta   alla
 giurisprudenza.    Non  cosi'  in  dottrina,  ove  gli  autori che si
 segnalavano  per  tale  negazione  ancorche'   isolati,   risultavano
 particolarmente  illustri.    A  seguito  della novella, la subitanea
 presa di posizione di un consistente numero di giudici  di  merito  a
 favore della monofasicita' e contro il giudizio di merito possessorio
 non  ha  mancato  di  essere  sottolineata  da un autore, sicuramente
 benevolo verso tale nuovo indirizzo, che pure non ha  potuto  fare  a
 meno  di  segnalare, nello stesso titolo di un suo articolo, come, se
 era giusto quanto si veniva affermando circa il "merito possessorio",
 doveva essere affermato  anche  prima.  Di  talche'  prendere  spunto
 dall'entrata  in  vigore  della  novella, per affermare che il merito
 possessorio risultava abrogato dal dato positivo risultava e  risulta
 puramente  strumentale.    Ma  un'altro  aspetto  va sottolineato per
 rimarcare la mancanza di contiguita' concettuale  tra  la  necessaria
 monofasicita'   del  procedimento  e  l'insussistenza  di  un  merito
 possessorio.  Si tratta della concezione secondo la quale il giudizio
 di merito  conseguente  al  possesso  non  riguarderebbe  il  "merito
 possessorio"  bensi'  la    situazione  di diritto sottostante.   Con
 riguardo a fattispecie disciplinata dal  procedimento  ante  novella,
 tale  concezione  ha trovato adesione in una pronuncia della Corte di
 Cassazione (Cass., sez. II, n. 7665 del 13 luglio 1995).
   Nella predetta pronuncia si rinvengono, fra  l'altro,  le  seguenti
 affermazioni:
     1)  la  tutela possessoria e' un quid necessariante provvisorio e
 trova giustificazione nell'esigenza di ordine pubblico,  di  impedire
 che i cittadini si facciano giustizia da se';
     2) il configurare la sentenza in esito al giudizio di merito come
 avente   ad   oggetto  sempre  la  situazione  di  possesso  valutata
 dall'ordinanza giunge al risultato, processualmente inaccettabile, di
 un'ordinanza e di una sentenza che entrambe attribuiscono  o  negano,
 nello  stesso  giudizio,  lo  stesso bene della vita, decidendo sulla
 stessa domanda;
     3)  il successivo giudizio di merito, avente ad oggetto un'azione
 petitoria  o  un'azione  personale  (sempre  comunque   vertente   su
 diritti), e' ad instaurazione meramente eventuale.
   Tale  sentenza,  sicuramente  espressione  di  un'orientamento  non
 univoco nell'ambito della stessa Cassazione, va peraltro interpretata
 come un sintomo delle difficolta' di dare precisa  collocazione  alla
 peculiare  situazione  con  cui  e' disciplinato il possesso e la sua
 tutela processuale nell'ambito dell'ordinamento.
   Di tale problematicita' si e' parzialmente fatta carico la Consulta
 con la sentenza n. 25/1992.
   Questo pretore, rilevata la precarieta' della concezione monofasica
 del procedimento possessorio la  quale  sia  fondata  sul  solo  dato
 normativo,  ritiene  nondimeno  che  tale monofasicita' sia nondimeno
 resa necessaria dal rispetto di principi costituzionali.    Prendendo
 le  mosse  dalla  parziale  pronuncia  di  incostituzionalita'  sopra
 richiamata, va osservato che il giudice  rimettente  aveva  rimarcato
 come la tutela possessoria fosse costituzionalmente giustificata solo
 nella  misura  in  cui accorda una tutela rapida al proprietario.  La
 Corte aveva invece osservato che risultava insostenibile la  premessa
 di   una  pretesa  illegittimita'  costituzionale  del  principio  di
 autonomia del possesso rispetto alla proprieta': ed infatti la tutela
 possessoria  risponde  all'esigenza  di  ordine  pubblico  che  siano
 prontamente    ripristinate    "situazioni   soggettive   di   fatto"
 arbitrariamente modificate da un  terzo  senza  previo  accertamento,
 giudiziale  o  negoziale,  dello  stato  di diritto.   D'altro canto,
 argomentava sempre la Corte, la tutela possessoria,  proprio  perche'
 interinale, non privava il proprietario della tutela giurisdizionale,
 ma  la  rinviava  soltanto  ad un giudizio successivo, avvantaggiando
 peraltro lo  stesso  proprietario  consentendogli  di  fruire  di  un
 rimedio rapido, che non richiede la prova del diritto.
   La   questione   di   legittimita'   costituzionale  doveva  porsi,
 proseguiva la Corte, nell'ambito piu' limitato se  il  detto  divieto
 fosse  conforme  ai  parametri  costituzionali  nell'ipotesi  in  cui
 dall'esecuzione del provvedimento  possessorio  derivasse  o  dovesse
 derivare,  secondo  un giudizio di pericolo, un danno irreparabile al
 convenuto, proprietario o titolare di altro diritto reale sulla cosa.
   Occorre ora vedere quale sia il quadro attuale.
   Va premesso che permane in  ogni  caso  il  dubbio  sulle  seguenti
 questioni.
   Quale sia il giudizio di merito che occorre introdurre dopo la fase
 sommaria:  nemmeno  la  Corte  costituzionale,  nelle ordinanze sopra
 richiamate, prende esplicita posizione sull'oggetto specifico di tale
 giudizio  di  merito,  se  cioe'  rimanga,   secondo   l'insegnamento
 tradizionale,  il  "merito  possessorio" ovvero il rapporto giuridico
 sottostante, come afferma Cass. 7665/1995, cit. La Corte si limita  a
 ribadire  la  necessarieta'  di tale procedimento di merito ("fase di
 merito del procedimento possessorio": v. ord. 203/1996, cit.).
   In che termini si ponga il  disposto  dell'art.  669-octies  c.p.c.
 rispetto  alla  "fase  di merito del procedimento possessorio", posto
 che in ogni caso, sia di provvedimento positivo  che  negativo,  tale
 fase e' necessaria.
   Ed  infatti,  richiamata  la "selettivita'" del rinvio sottolineato
 dalla Corte, nulla esclude che tale selettivita' operi nel  senso  di
 escludere  l'applicabilita'  dell'intero articolo. Com'e' noto, nella
 disciplina  ante-riforma,   l'unificazione   delle   due   fasi   era
 pacificamente  ammessa  (v.,  da ultimo, Cass. n. 8896 del 28 ottobre
 1994).  Come possa coordinarsi - nel caso debba invece  ritenersi  la
 piena   applicabilita'   dell'art.   669-octies  c.p.c.la  necessita'
 esplicita  di  iniziare  il  giudizio  di  merito  entro  un  termine
 perentorio  nel  caso  di  provvedimento positivo, con la mancanza di
 qualsiasi indicazione normativa circa tempi e modi  dell'introduzione
 della   fase  di  merito  -  parimenti  necessaria  -  a  seguito  di
 provvedimento negativo.  Costituisce poi ovvia  considerazione,  gia'
 fatta  dagli  interpreti  ma che nondimeno deve qui ribadirsi, quella
 secondo cui, in relazione alle varie "forme di  appartenenza"  ovvero
 di   quei   collegamenti   tra  l'uomo  ed  i  beni,  gia'  presi  in
 considerazione dal mondo del diritto le forme  di  tutela  apprestate
 dall'ordinamento  non  sono  tutte espandibili "ad libitum", ma hanno
 ben  precisi  limiti  derivanti  dal  fatto  che   tutto   cio'   che
 l'ordinamento  appresta  quale rimedio in riguardo di una ben precisa
 situazione, viene, quale mezzo concreto, ad essere sottratto ad altra
 situazione soggettiva.  In altre parole, e per  usare  i  termini  di
 autore  occupatosi  ex  professo  della  materia  "i vantaggi sociali
 ottenuti con la duplice e contrastante protezione del titolare e  del
 possessore  si  pagano  a  caro  prezzo,  mediante  l'istituzione  di
 itinerari processuali multipli, che condizionano le parti ad esperire
 due, o anche tre, diversi giudizi, di cui l'ultimo, petitorio,  sara'
 proceduto  da  uno o piu' giudizi possessori".  Ma in alcuni casi, si
 potrebbe aggiungere, le  forme  di  tutela  del  possesso  potrebbero
 risultare   cosi'   irriazionali,   nell'ambito  di  una  determinata
 costruzione, da essere piu' nocive che utili per lo stesso possessore
 (per  lo  stesso  possessore  non  proprietario,  si  badi).    Sotto
 molteplici  profili,  l'obbligo  di  instaurare un giudizio di merito
 allunga oltre la misura costituzionalmente consentita la  tutela  del
 possesso.    Il possesso e' una situazione di fatto e non di diritto,
 ne' puo' altrimenti qualificarsi. In ogni caso, anche  qualificandolo
 quale  diritto  vero  e  proprio,  cio' non muterebbe in nulla la sua
 peculiarita' rispetto alle altri posizioni giuridiche soggettive, dal
 momento  che  da  esso  derivano  situazioni  ed  istituti   alquanto
 eterogenei  (usucapione,  acquisto  dei beni mobili secondo la regola
 "possesso vale titolo", azioni possessorie, ecc.).
   Nel sottolineare la sua giustificata autonomia rispetto al  diritto
 di  proprieta'  la  stessa Corte costituzionale non esita a ricorrere
 all'espressione  "situazioni  soggettive  di  fatto   arbitrariamente
 modificate",  proprio  parlando  della  tutela  possessoria (v. sent.
 25/1992, cit.).
   Ne consegue che il  possesso  viene  ad  essere  considerato  dalla
 Costituzione solo in via del tutto indiretta, potendo ricevere tutela
 ex  art.  24, comma primo della Costituzione. Trattasi, a ben vedere,
 di una previsione che fa riferimento alla  legge  ordinaria,  vale  a
 dire alle norme codicistiche che prevedono la tutela possessoria.
   Ovviamente  ben  diversa  e'  la  tutela  che  riceve il diritto di
 proprieta', direttamente considerato nell'art. 42 della Costituzione.
   Ma, in ogni modo, quel che qui si  vuole  sottolineare  e'  che  la
 tutela  del  possesso  articolata  in  due  fasi  e  cosi' come sopra
 delineata, non solo diviene un ostacolo del tutto ingiustificato  per
 la  posizione  del proprietario-non possessore, ma e' idonea a ledere
 in   maniera   altrettanto  ingiustificata  anche  la  posizione  del
 proprietariopossessore (e fors'anche  come  sopra  si  e'  accennato,
 quella del possessore tout court, del possessore-non proprietario).
   Se  la  prima,  anche se non l'unica, ragione per cui si prevede la
 tutela possessoria appartiene all'ordine pubblico, appare  ovvio  che
 in  tanto  appare  giustificabile  la  predetta  tutela in quanto sia
 apprestata per il periodo strettamente funzionale all'immediatezza  e
 alla brevita' della reazione allo spoglio ed alla molestia. In questo
 contesto,  non  appare  in  alcun  modo  giustificabile  imporre  una
 successiva  fase  processuale  che  preclude  al   proprietario   non
 possessore  di  far valere il proprio diritto dominicale con apposito
 giudizio,  stante  la  preclusione  di  cui   all'art.   705   c.p.c.
 (sopratutto  se si considera che tale preclusione opera sino a quando
 il procedimento possessorio non si e' concluso in tutte le sue  fasi,
 comprese  quelle  di  gravame,  come da giurisprudenza costante nella
 vigenza del vecchio rito).   Ne' puo'  considerarsi  sufficiente  per
 un'adeguata   garanzia   a  livello  costituzionale  il  temperamento
 apportato dalla sentenza n. 25/1992,
  cit., in quanto non solo la perdita irreversibile  del  bene  o  del
 diritto  reale  appare  costituzionalmente  ingiustificata,  ma anche
 l'inaccettabile  protrarsi,  oltre  la  prima  fase  sommaria,  delle
 preclusioni  a  favore  del procedimento possessorio e a discapito di
 chi ha interesse che il proprio diritto sia accertato.   Ma anche  il
 proprietario che sia nello stesso tempo possessore potrebbe benissimo
 avere   tutto   l'interesse   ad  accontentarsi  dell'interdetto  nei
 confronti di chi ha violato la situazione di possesso,  ne'  si  vede
 perche' dovrebbe sobbarcarsi inutilmente un altro oneroso processo di
 cognizione,   a  pena  di  veder  persa  l'efficacia  dell'interdetto
 concesso. Anche, qui, non v'e' alcuna giustificazione  razionale  per
 imporre  la  seconda  fase,  anzi viene in maniera evidente frustrato
 l'originario intento di assicurare al possessore, unitamente  ad  una
 pronta reazione dell'ordinamento, un adeguato ristoro nell'immediato.
 E  d'altro  canto viene imposto, altrettanto irragionevolmente, a chi
 il possesso ha violato, di doversi far carico, per il principio della
 soccombenza, delle spese di un duplice giudizio o, se si vuole, di un
 procedimento bifasico molto piu' lungo e complicato  (e  quindi  piu'
 dispendioso)  di  quello  monofasico.    Se  poi  si accede alla tesi
 secondo la quale la seconda  fase  del  procedimento  possessorio  e'
 giudizio  di  merito  sul  diritto  e  non  sul "merito possessorio",
 abbiamo allora il completo paradosso cui sopra si faceva  cenno,  per
 cui  anche il possessore-non proprietario viene ad essere penalizzato
 dallo stesso modo di tutela del possesso, dal momento che  agisce  in
 possessorio    ed    ottiene    temporaneamente    un   provvedimento
 ripristinatorio e per lui favorevole, per  poi  essere  obbligato  ad
 introdurre   un   giudizio  di  merito  (o  subirlo  da  controparte,
 nell'ottica di una bifasicita' comunque necessaria) che sa  benissimo
 essere   su   un   diritto  che  non  gli  appartiene  (e  sul  quale
 soccombera').  Con il che il possessore-non proprietario finisce  per
 attivare  una  sorta di giurisdizione di diritto oggettivo, in quanto
 ricorrere  in  possessorio  ha  per  lui   interesse   solo   per   i
 provvedimenti   interdittali  provvisori,  che  ben  presto  verranno
 travolti o dall'inefficacia conseguente alla decorrenza del termine o
 dalla statuizione sul merito (sul diritto) a  lui  sfavorevole.  Egli
 finisce, in altre parole, per essere attore a tutela di interessi che
 rimangono solo di ordine pubblico, in relazione ad un processo il cui
 esito  finale  non potra' mai essergli favorevole.  Altrettanto gravi
 sono  le  conseguenze  derivanti   dalla   struttura   bifasica   del
 procedimento  possessorio sotto altri profili, i quali attengono alla
 stessa  possibilita'  di  inserimento  del  procedimento  possessorio
 nell'ambito del procedimento cautelare uniforme.
   Punto  fondamentale  a tal proposito e' se debba essere applicato o
 meno l'art. 669-octies c.p.c.    Nel  caso  in  cui  esso  non  trovi
 applicazione  ne  deriva necessariamente la possibilita' di unificare
 il procedimento sommario con il giudizio  di  merito,  il  che,  come
 sopra  ricordato,  era  pacificamente  ammesso  prima  della novella.
 Infatti, permanendo la natura bifasica e non sussistendo  preclusioni
 temporali  per  l'instaurazione  del  giudizio di merito (preclusioni
 ricollegabili al termine  perentorio  di  cui  all'art.  669-octies),
 l'opzione  appena  richiamata  appare del tutto naturale.  Ma, in tal
 modo,  diventa  meramente  apparente  la  stessa  applicabilita',  al
 procedimento  possessorio,  dell'art.  669-sexies c.p.c., dal momento
 che  le  previsioni  di  tale  articolo  appaiono  incompatibili  con
 l'unificazione  delle  due  fasi.  L'istruzione  ed  il provvedimento
 emesso all'esito della stessa appartengono alla fase sommaria  e  non
 tollerano,  nel  rito  cautelare uniforme, di essere unificati con il
 procedimento di merito.  Con il che diventa puramente apparente anche
 il richiamo operato dall'art. 703 c.p.c. agli art. 669-bis  e  segg.,
 dal   momento  che  ciascuno  di  questi  articoli  ha,  rispetto  al
 procedimento possessorio, gia' specifica e diversa disciplina: l'art.
 669-ter c.p.c. non si applica, essendovi l'art.  8    c.p.c.,  l'art.
 669-quater  non  si  applica,  non  si  applicherebbe  nemmeno l'art.
 669-sexies  in  quanto,  come  appena   detto,   l'unificazione   dei
 procedimenti  e'  incompatibile  con  esso.    Stesso discorso per il
 669-septies, dal momento che  prevede  il  provvedimento  di  rigetto
 escludendo  l'instaurazione  del  giudizio  di  merito, e cosi' anche
 l'opties in quanto    costituisce  l'ipotesi  di  partenza;  idem  il
 669-novies,  almeno  in  parte,  dal  momento che sanziona il mancato
 inizio del giudizio.   Ma, si ripete,  in  tal  modo  il  riferimento
 dell'art.  703  agli  artt.    669-bis  e  segg.  appare  svuotato di
 qualsiasi significato e il legislatore della novella avrebbe  rimosso
 in gran parte la disciplina precedente (salvo il 704 c.p.c., che pure
 pone  altri  problemi  sistematici,  come  si  dira') per sostituirla
 con... il nulla assoluto.  Se invece si  ritiene  applicabile  l'art.
 669-octies, sorgono notevoli problemi di altra natura.
   Ed infatti, sussisterebbe in ogni caso una stridente disparita' tra
 l'ipotesi  di  accoglimento  e  l'ipotesi  di rigetto dell'interdetto
 provvisorio.  Tale disparita', sia pure non sussistente in  relazione
 alla   possibilita'  della  fase  di  merito  per  il  solo  caso  di
 accoglimento del provvedimento in esito  al  giudizio  sommario,  dal
 momento  che  la  stessa  Consulta  ha ritenuto che la fase di merito
 sussiste in ogni caso, sia a seguito dell'accoglimento che a  seguito
 del  rigetto,  verrebbe  in  ogni modo a sussistere in relazione alle
 modalita'  profondamente  difformi  in  cui  il  giudizio  di  merito
 dovrebbe  introdursi.   Mentre nel caso di provvedimento positivo, il
 giudizio di  merito  dovrebbe  essere  introdotto  entro  il  termine
 perentorio  di  cui all'art.  669-octies c.p.c., a pena d'inefficacia
 ex art. 669-novies c.p.c., non si vede in che termini dovrebbe essere
 introdotto   tale  giudizio  di  merito  nel  caso  di  provvedimento
 negativo. Ed infatti si prospettano le seguenti ipotesi:
     per analogia o interpretazione estensiva tale  giudizio  dovrebbe
 pur  sempre  essere  introdotto  entro  i  30  gg.  di  cui  all'art.
 669-octies  c.p.c.  Ma,  anche  a  voler  prescindere   dall'assoluta
 incertezza  su  chi  sia gravato da tale adempimento (se ricorrente o
 resistente in possessorio) resta il fatto che non sussiste alcun tipo
 di sanzione idonea a rendere effettiva tale  possibilita':  se  resta
 inerte  il resistente, egli ha tutto l'interesse a farlo, dal momento
 che ha gia' ottenuto un provvedimento a lui favorevole,  ne'  possono
 inventarsi  per  lui  sanzioni  speciali  del  tutto  al di fuori dal
 sistema normativo; se resta inerte il ricorrente, non si  vede  quale
 conseguenza  giuridica  sfavorevole  si potrebbe ricollegare alla sua
 inerzia, ne' quale incentivo avrebbe lo stesso, sempre  a  non  voler
 configurare situazioni del tutto estranee al diritto positivo;
     l'iniziativa  di introdurre il giudizio di merito dovrebbe essere
 attivata ex officio: ipotesi anche questa quanto mai lontana da  ogni
 collegamento  con  la normativa, anche perche' l'iniziativa officiosa
 circa l'azione nel processo civile e' ipotesi del tutto  eccezionale.
 Ne  consegue  che la disparita' di situazioni tra il provvedimento di
 accoglimento e provvedimento di  rigetto  sussisterebbe  comunque  in
 relazione  alla  diciplina  della  fase  di merito, nei termini sopra
 prospettati ed in maniera del tutto ingiustificata.  Non puo' essere,
 infine, trascurata, al fine di denunciarne l'assoluta superfluita' ed
 incongruita', la  questione  del  "merito  possessorio",  che  rimane
 ancora,  per  la  maggior  parte  degli  interpreti,  l'oggetto della
 seconda fase del procedimento possessorio.  Una volta che il  Pretore
 ha  negato  o  concesso  l'interdetto,  che  ha  disposto  o  meno il
 materiale  ripristino  della  situazione  preesistente,   il   merito
 possessorio   oggetto   del   successivo   (necessario)  giudizio  di
 cognizione non  ha  alcuna  altra  ulteriore  autonoma  funzione.  Il
 relativo  giudizio  non  puo'  essere  che  un mezzo per esaminare la
 questione in maniera piu' approfondita cioe' con i  mezzi  istruttori
 che  sono  propri  del  giudizio  di  cognizione piena. Ma da un lato
 questa appare una motivazione troppo debole per giustificare  di  per
 se'  solo  la  seconda  fase,  dall'altro  non  e'  affatto detto che
 l'approfondimento di  determinate  situazioni  debba  necessariamente
 essere   rinviato   ad   una   fase   successiva  (ad  un  successivo
 indefettibile giudizio di cognizione).  Se anzi si pone  l'attenzione
 sulla  principale  funzione  che  tradizionalmente ha avuto la tutela
 possessoria,  non  puo'  non  osservarsi  che  riveste  un  interesse
 fondamentale  per  le  aspettative  dei privati che controvertono sul
 possesso, l'accertamento della situazione di fatto  gia'  nella  fase
 c.d.  sommaria, mentre residuerebbe solitamente un ben piu' attenuato
 interesse quello che si incentra  nella  tutela  fondata  su  di  una
 sbrigativa   cognizione,   incerta   perche'  spesso  inevitabilmente
 incompleta nei suoi tratti essenziali,  nei  suoi  diversi  rilevanti
 aspetti  e,  in  definitiva,  esposta  al grave rischio di non vedere
 confermati i suoi esiti provvisori alla stregua delle risultanze  del
 giudizio  di cognizione ordinaria: non va dimenticato che il valutare
 adeguatamente tutti gli aspetti relativi al possesso puo'  costituire
 un'indagine  estremamente  complessa.   Ne' puo' fondarsi l'autonomia
 del "merito possessorio" oggetto del  giudizio  di  cognizione  nella
 presenza,   accanto   alla  richiesta  di  conferma  o  modifica  dei
 provvedimenti  gia'  provvisoriamente emessi, di altre domande quali,
 ad es., quella concernente il risarcimento dei danni derivanti  dalla
 lesione  del possesso.   La relativa domanda rimarrebbe oggetto di un
 capo autonomo della statuizione e d'altro canto l'interessato,  anche
 quando ne ricorrano i presupposti per l'accoglimento (e non sempre ne
 ricorreranno,   si  pensi  al  possesso  avente  origine  illecita  o
 violenta),  potrebbe  sempre  scegliere  se  chiedere  o  meno   tale
 risarcimento.   Se si vuole trovare un elemento indefettibile che mai
 potrebbe  mancare  nell'asserita  seconda   fase   del   procedimento
 possessorio, esso non puo' che essere identificato nella richiesta di
 quelle  stesse  statuizioni  che  sono  state concesse o negate nella
 prima fase.  Ed ancora, non appare obiezione decisiva quella  secondo
 cui,  eliminando  la fase del successivo giudizio a cognizione piena,
 il procedimento possessorio sarebbe l'unico dei procedimenti speciali
 previsti dal  nostro  ordinamento  processuale  non  suscettibile  di
 oltrepassare  in alcun caso la fase del rito sommario.  A prescindere
 dalla considerazione secondo la quale  tale  obiezione  ha  carattere
 meramente  classificatorio  (considerazione  certo  non  decisiva, ma
 neppure da poter trascurare: e se il procedimento  possessorio,  come
 avanzato  da  ultimo da certa dottrina, attingesse piuttosto a quelle
 esigenze  che  sono  proprie  della  volontaria  giurisdizione,   con
 conseguente  definitivita', o meglio completezza, della statuizione?)
 va osservato che tale particolarita' del rito sarebbe  in  ogni  caso
 ricollegabile alla peculiarita' della situazione soggettiva tutelata,
 peculiarita'   che   non   puo'   sicuramente   negarsi  alla  tutela
 possessoria.  E in ogni caso, non si tiene conto che c'era  e  rimane
 ancora, dopo la novella, una ben precisa norma costituita dal secondo
 comma dell'art.  704 c.p.c.
   Tale norma stabilisce che al pretore, in caso di giudizio petitorio
 gia' pendente, puo' domandarsi la reintegrazione del possesso, in tal
 caso  egli da' i provvedimenti temporanei indispensabili e rimette le
 parti davanti al giudice del petitorio.   E' chiaro che  il  pretore,
 dopo  aver  dato  o negato i provvedimenti temporanei indispensabili,
 non dovra' emettere  alcun  altra  pronuncia,  meno  che  mai  quella
 riguardante  il  "merito  possessorio".  Ne'  puo'  affermarsi che il
 giudice  del  petitorio  sia  in  alcun  modo   investito,   dopo   i
 provvedimenti   emessi   dal   pretore,   del  "merito  possessorio",
 unitamente all'oggetto  del  giudizio  petitorio.    In  questo  caso
 specifico,  non c'e' alcun "merito possessorio" dopo la pronuncia sui
 provvedimenti indispensabili, c'e' solo il giudizio sul  diritto.  Il
 che  rappresenta  un'altra  conferma, alla luce del diritto positivo,
 che la tutela possessoria puo' benissimo prescindere dalla successiva
 instaurazione  di  un  giudizio  avente   ad   oggetto   il   "merito
 possessorio".
   Riassumendo,  la  sussistenza  di  un  procedimento  di  cognizione
 ordinaria, necessario dopo la fase introdotta con  ricorso  ai  sensi
 dell'art.      669-bis   c..p.c.,   risulta   lesiva   dei   principi
 costituzionali sotto i seguenti profili:
     1) se si ritiene applicabile al procedimento  possessorio  l'art.
 669-octies   c.p.c.,   sussiste   un'ingiustificata   disparita'   di
 trattamento circa  le  modalita'  di  introduzione  del  giudizio  di
 merito,  tra  l'ipotesi  di accoglimento e quella di non accoglimento
 del provvedimento interdittale, come  sopra  evidenziato.  In  nessun
 modo si puo' ovviare a tale disparita' e cio' comporta la lesione del
 principio  di  uguaglianza  di cui all'art.   3 Cost., il quale viene
 altresi' violato, sempre in tale ipotesi, in quanto non e'  possibile
 assicurare in alcun modo - razionalmente accettabile alla stregua del
 dato normativo -, la stessa possibilita' di introdurre il giudizio di
 merito  nel  caso  di  rigetto  della  richiesta  ed  essendo  quindi
 vulnerato il principio di ragionevolezza;
     2) se invece non si ritiene applicabile l'art. 669-octies c.p.c.,
 al  procedimento  possessorio,  il  rinvio   operato   esplicitamente
 dall'art.    703  c.p.c.  rimane  privo  di significato, essendovi in
 pratica per ciascuno degli articoli introdotti dalla  novella  e  che
 disciplinano  il procedimento cautelare uniforme (con l'eccezione del
 solo 669-bis  il  quale,  da  solo,  ha  ben  poco  significato)  una
 disciplina  specifica  ed  in  tutto  o  in  parte contrastante con i
 predetti  articoli.  Violandosi   ulteriormente   il   principio   di
 ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.;
     3)  viene  lesa  la  posizione, costituzionalmente garantita, del
 proprietario non possessore. Egli e' costretto non solo ad  attendere
 l'esito  del  ricorso  possessorio  -  il  che  sarebbe perfettamente
 compatibile con le ragioni di  autonoma  tutela  del  possesso  -  ma
 altresi'  ad  attendere  l'esito  del giudizio di merito, comprese le
 fasi di gravame, vedendo procrastinato il suo diritto di tutela della
 proprieta' - che non puo' in alcun modo  equipararsi  al  diritto  di
 tutela  del possesso, trovando garanzie costituzionali ben piu' forti
 ed esplicite - all'esito di giudizi di  cognizione  notoriamente  non
 brevi.  Cio'  a  prescindere  dall'"irreparabilita' del danno" di cui
 alla sentenza n. 25/1992 ed anzi dovendosi osservare  che,  oltre  un
 certo  limite  temporale,  il  danno alla proprieta' diviene comunque
 difficilmente ristorabile ex post. Violandosi l'art. 42 Cost.;
     4) viene  lesa  la  posizione  anche  del  proprietario  che  sia
 contemporaneamente  possessore  e  agisca  proprio  per la tutela del
 possesso, in quanto egli ha solo l'interesse a che la situazione  quo
 ante  sia  prontamente  ripristinata  e, normalmente, sara' del tutto
 indifferente ad un successivo giudizio  che  invece  gli  vien  fatto
 obbligo  di iniziare. Obbligando tale soggetto a farsi carico di tale
 successivo giudizio  si  duplicano  inutilmente  i  mezzi  di  tutela
 giudiziaria,  venendosi anche ad appesantire in maniera intollerabile
 ed  ingiustificata   il   sistema   giudiziario   nel   suo   aspetto
 organizzativo  (inutile  duplicazione di fascicoli, cause iniziate in
 maniera strumentale ed al solo fine di non  perdere  l'efficacia  del
 provvedimento   possessorio  gia'  emanato,  ecc.)  con  lesione  del
 principio del buon andamento della p.a. di cui all'art.    97  Cost.,
 applicabile  anche  al  sistema giudiziario secondo la giurisprudenza
 della stessa Corte cost.;
     5) se si accede alla tesi secondo la quale il giudizio di  merito
 non  verta  sul  "merito  possessorio",  bensi'  sulla  situazione di
 diritto, viene lesa la posizione soggettiva anche del possessore  non
 proprietario,  nei  termini  sopra esposti. Venendo cosi' leso: a) il
 principio di ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.,  approntandosi
 irrazionalmente al possessore una tutela necessariamente destinata ad
 essere  neutralizzata  dagli esiti del giudizio di merito, e pertanto
 non  tutelandosi  affatto  il  possesso  quale  situazione  autonoma,
 qual'era   nelle   premesse   interpretative  accolte  da  tutti  gli
 interpreti e dalla stessa Corte Cost. con la sentenza n. 25/1992 piu'
 volte citata; b) violandosi il diritto del mero possessore  ad  avere
 una  tutela,  ancorche'  provvisoria  ma che pure ben potrebbe essere
 destinata  a  stabilizzarsi  in  assenza  di  una  necessarieta'  del
 prosieguo  della controversia.  Con violazione dell'art. 24 Cost., in
 quanto  nessuna  effettiva  tutela  verrebbe   approntata   al   mero
 possessore;
     6)   l'assoluta  indeterminatezza  ed  incongruita'  del  "merito
 possessorio", quale oggetto per eccellenza  del  giudizio  di  merito
 secondo  l'insegnamento  tradizionale,  comporta che sia inficiata da
 irrazionalita'  tutta  la  procedura  che  presuppone  la  necessaria
 delibazione  di  tale  "merito possessorio". Con ulteriore violazione
 dell'art. 3 Cost.